52° Rapporto Censis/Ssn «disuguale». E gli italiani si sentono soli
Il rapporto tra gli italiani e il Servizio sanitario nazionale descritto nel 52° Rapporto Censis è in linea con il messaggio più generale che arriva dall’intero Report: il senso di solitudine che se prima sfociava in rancore e ora nella «cattiveria sociale» – essenzialmente dei più marginali rispetto agli stranieri e agli immigrati – quando si guarda alle cure diventa una crescente sensazione di disparità. «Il difficile accesso alla sanità genera costi aggiuntivi e una crescente sensazione di disuguaglianze e ingiustizie. Cresce così la convinzione che ognuno debba pensare a se stesso», affermano i sociologi nel focus sul rapporto tra italiani e Servizio sanitario pubblico. Tre i fattori che incidono: l’offerta del territorio di appartenenza, la condizione socio-economica e l’età delle persone. Più della metà dei cittadini (il 54,7%) ritiene che in Italia le persone non abbiano le stesse opportunità di diagnosi e cure. Lo pensa il 58,3% dei residenti al Nord-Est, il 53,9% al Sud, il 54,1% al Centro e il 53,3% al Nord-Ovest. Addirittura ci sono oltre 39 punti percentuali di differenza nelle quote di soddisfatti tra il Sud e le isole e il Nord-Est, che registra il più alto livello di soddisfazione tra le macroaree territoriali. Emblematici sono i dati sul grado di soddisfazione rispetto al Servizio sanitario della propria Regione: il valore medio nazionale del 62,3% oscilla tra il 77% al Nord-Ovest, il 79,4% al Nord-Est, il 61,8% al Centro e il 40,6% al Sud e nelle isole.
Sempre più diffuso – traspare dal Rapporto – il principio dell’autoregolazione della salute. Dei 49,4 milioni le persone che soffrono di piccoli disturbi, il 73,4% si è detto convinto che sia possibile curarsi da soli. Il 56,5% ritiene che sia possibile curarsi autonomamente perché ognuno conosce i propri piccoli disturbi e le risposte adeguate, il 16,9% perché è il modo più rapido. Nonostante la crescita del web, i principali canali informativi degli italiani rimangono il medico di medicina generale (53,5%), il farmacista (32,2%) e il medico specialista (17,7%).