La protesta. Sciopero, prime crepe tra i medici
Spaccatura tra i camici bianchi, gli ospedalieri criticano i colleghi di base: «Troppi 81 giorni, ci rimettono i cittadini». La replica all’assessore Coletto: «Vergognoso l’attacco sullo stipendio. La Regione dovrebbe affrontare i problemi»
VENEZIA – Il muro contro muro fra i medici di famiglia e la Regione rischia di aprire anche una spaccatura fra i camici bianchi. Alla dura protesta indetta dai colleghi di base aderenti a Fimmg, Snami, Smi e Intesa Sindacale e alla forte presa di posizione dell’assessore Luca Coletto, i dirigenti riuniti in Anaao-Assomed guardano da spettatori. Ma con occhi attenti e preoccupati: «Ciascuna delle due parti ha le proprie responsabilità, tuttavia ritengo che un pacchetto di scioperi così consistente sia una risposta esagerata alle problematiche, oltretutto perché mescola motivazioni nobili ad altre che lo sono meno», dice il segretario veneto Adriano Benazzato. I DIRIGENTI. Prima la serrata degli ambulatori, poi la guerra di numeri sull’adesione all’astensione con conseguente denuncia in procura, quindi le polemiche sullo stipendio dei professionisti: al termine di una settimana bollente, il sindacato dei medici dirigenti prova a mettere ordine nella ridda di accuse e contro-accuse. «Ci troviamo in una bruttissima situazione – afferma Benazzato – in cui credo che le colpe possano essere ripartite a metà. Da un lato i colleghi di medicina generale citano formalmente la mancata attuazione del piano sociosanitario ed in particolare delle medicine di gruppo, ma si tratta evidentemente di richieste anche economiche. Dall’altro la Regione è stata molto veloce nella riduzione dei posti letto e dei reparti ospedalieri, generando fra l’altro carichi di lavoro eccessivi sul personale dipendente, però non è stata altrettanto solerte nel fare i dovuti investimenti sul territorio». Risultato? «Un autentico bailamme – risponde il segretario – in cui non condivido la durata dell’agitazione: 81 giorni sono troppi, perché di mezzo ci vanno i cittadini. Per forza poi il problema viene scaricato sui Pronto Soccorso, già messi malissimo a causa dei tagli interni e della mancanza di investimenti sulle strutture intermedie, aumentando il numero dei codici bianchi». Un caos a cui, secondo Anaao-Assomed, si intrecciano interessi diversi: «È giusto sollevare i problemi, ma noto che come nel 2011 e nel 2014, anche questa volta la protesta viene rinfocolata a ridosso delle elezioni degli Ordini provinciali dei medici. Questo è un modo di fare che personalmente stigmatizzo». LA RISPOSTA. In attesa di eventuali riconvocazioni del tavolo regionale, intanto, i sindacati dei medici di famiglia ribadiscono le proprie posizioni in vista della ripresa dello sciopero (13-15 dicembre), rispondendo a tono alle critiche dell’assessore Coletto. «Basta con questa storia delle 15 ore di lavoro alla settimana – dice Salvatore Cauchi, segretario di Snami – perché quelle sono solo il minimo garantito. Ogni giorno restiamo in studio almeno 5 o 6 ore, poi ne dedichiamo altre 2 0 3 alle visite domiciliari per i pazienti acuti e cronici o terminali. Trovo vergognoso anche l’attacco sullo stipendio: dai neanche 4.000 euro che prendiamo al mese, dobbiamo togliere le spese per l’affitto dell’ambulatorio, le bollette, il carburante per andare a casa degli assistiti. Non abbiamo la tredicesima, se ci ammaliamo o andiamo in ferie, dobbiamo pagarci il sostituto». I rappresentanti della categoria respingono anche le accuse sul mancato dialogo con la Regione. «Il blocco delle attivazioni delle medicine di gruppo – sottolinea Ildo Antonio Fania, leader di Intesa Sindacale – non dipende certo dai medici. Quanto all’avvio del fascicolo sanitario elettronico, l’informatizzazione avrebbe dovuto essere a costo zero per noi per noi, invece i 150 euro mensili netti che ci erano stati concessi per pagare carta e toner sono stati azzerati dall’inizio di quest’anno. Ridicola è poi la lamentela sul ricevimento senza appuntamento: a parte che la fissazione dell’orario ci viene chiesta dai pazienti per perdere meno tempo, ma in ogni caso dopo le visite prenotate ci fermiamo per consentire anche il libero accesso». Le organizzazioni sindacali continuano a confidare nell’apertura di uno spiraglio. «Però – aggiunge Liliana Lora, segretaria di Smi – non capiamo perché la Regione cerchi di fare confusione con i numeri dello sciopero e degli emolumenti, invece di affrontare i problemi. Veniamo dipinti come quelli che scioperano per i soldi, quando invece vorremmo solo salvare il sistema sanitario regionale». (Angela Pederiva)
IL GAZZETTINO – Lunedì, 13 novembre 2017