Il caso e’ stato sollevato dai famigliari di una donna malata di Alzheimer che avevano ricevuto un decreto ingiuntivo, chiesto dalla Rsa, che li intimava di pagare 39.274,66 euro a saldo della retta di ricovero della madre. Ma per i giudici, le prestazioni erogate alla donna erano prevalentemente di carattere sanitario e, in quanto tali, a carico del Ssn. La sentenza
21 MAR – In base alla riforma sanitaria del 1978 “tutti i cittadini hanno diritto alla erogazione gratuita delle prestazioni di carattere sanitario” e “l’art. 30 della legge n. 730 del 1983 dispone poi che sono a carico del Fondo sanitario nazionale gli oneri delle attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio assistenziali”. È sulla base di questo che i giudici del Tribunale di Monza hanno annullato un decreto ingiuntivo chiesto da una Rsa di Monza a saldo della retta di una anziana malata di Alzheimer e addirittura condannato la Rsa a restituire circa 2.500 euro di rette pagate più gli interessi legali.
Il caso era stato sollevato dai famigliari di una donna malata di Alzheimer che avevano ricevuto un decreto ingiuntivo, chiesto dalla Rsa di Monza, presso la quale la madre era ricoverata, con il quale si intimava di pagare 39.274,66 euro saldo della retta di ricovero, oltre interessi e spese.
Nella sentenza i giudici si sono rifatti all’indirizzo che la Cassazione ha assunto in passato e confermato nel 2016. Indirizzo che stabilisce che i costi delle attività assistenziali che siano strettamente connesse ad attività di rilievo sanitario devono essere a carico del Servizio Sanitario Regionale. In pratica chi viene ricoverato in RSA e, oltre alla permanenza assistita in struttura riceve anche cure mediche, non deve pagare nulla.
Per l’avvocato Giovanni Franchi di Parma uno degli elementi che rende ulteriormente importante questa sentenza è che è una delle prime pronunciata da giudici di merito senza bisogno di ricorso in Cassazione. Segno inequivocabile della certezza di questo importante indirizzo stabilito dalla norma imperativa ex art.1418 del Codice Civile e ribadito dalla Cassazione già nel 2012, con la sentenza 4558.
“Purtroppo – afferma l’avvocato in una nota – la maggioranza delle RSA continua a ignorare questo principio, impegnando il malato o i familiari al pagamento di una retta per le prestazioni assistenziali. I Comuni, cui queste strutture se pubbliche fanno capo, continuano quindi a rivalersi, spesso dopo il decesso del paziente, domandando in un’unica soluzione le rette, per ingenti somme di denaro. Da ricordare che sono, invece, i malati o i loro eredi che hanno pagato per loro, a poter chiedere la restituzione di quanto corrisposto. E la sentenza ottenuta a Monza lo conferma”.
21 marzo 2017
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