Caro Babbo Natale, ti scrive un quarantenne malato ma tenace… il Ssn
di Nino Cartabellotta*
voglio innanzitutto condividere con te la mia grande emozione perché è arrivato il momento di spegnere 40 candeline. Era il 23 dicembre 1978 quando, dopo una lunga gestazione dentro e fuori le stanze dei bottoni, venni alla luce in un’aula parlamentare accolto da un grande consenso. Ben 381 persone mi aiutarono a nascere, mentre 77 non volevano arrivassi al mondo e 7 si lavarono le mani come Pilato.Da allora anche tu, che viaggi in tutto il mondo per la consegna dei regali, sei un testimonial d’eccezione: in Italia sei stato sempre curato con grande competenza professionale, straordinaria umanità e, soprattutto, senza alcuna richiesta di polizza assicurativa o carta di credito. Questo miracolo italiano è stato possibile proprio perché, in piena atmosfera natalizia, mentre tu preparavi la slitta, il mio atto di nascita sanciva che dovevo “promuovere, mantenere e recuperare la salute fisica e psichica di tutta la popolazione”, nel rispetto dell’uguaglianza e della libertà di tutte le persone.
Emozioni a parte, purtroppo, mentre di solito a 40 anni si è nel pieno delle facoltà fisiche e mentali, io sono pieno di acciacchi, depresso e talmente sfiancato da non aver la forza di spegnere le candeline in un colpo solo. Ecco perché, qualche mese fa ho deciso di sottopormi ad un accurato check up del mio stato di salute in una clinica specializzata. Come puoi ben immaginare, il referto che mi hanno consegnato non lascia adito a dubbi: sono un paziente cronico con multimorbidità e prognosi infausta. E quel che più mi preoccupa, caro Babbo Natale, è che la mia non sarà una morte improvvisa senza sofferenze, perché sono condannato ad un lento e progressivo decadimento delle funzioni vitali che compromette giorno dopo giorno la mia capacità di tutelare la salute delle persone.
La diagnosi principale è quella di insufficienza respiratoria cronica restrittiva: mi hanno progressivamente chiuso la valvola dell’ossigeno, sottraendo negli ultimi 10 anni dal mio salvadanaio oltre 37 miliardi di euro. Mi hanno lasciato solo con un filo di ossigeno che non migliora affatto le mie capacità respiratorie perché la bombola è difettosa, visto che l’aumento percentuale del fabbisogno sanitario nazionale annuo è inferiore a quello dell’inflazione media. Mi hanno diagnosticato anche un severo ipertiroidismo con iperconsumo metabolico: infatti, mentre l’insufficienza respiratoria peggiorava hanno riempito a dismisura il paniere dei nuovi LEA, un grande traguardo politico che al momento rimane un’illusione collettiva visto che la coperta è troppo corta e le prestazioni sanitarie promesse ai cittadini non vengono mai sfoltite. Sono anche affetto da una malattia autoimmune, il lupus eritematoso sistemico che colpisce tutti gli organi e gli apparati, perché sprechi e inefficienze si annidano a tutti i livelli e, nonostante le varie misure di “efficientamento”, nessuno è stato in grado di avviare un’adeguata terapia immunosoppressiva per recuperare preziose risorse. Infine, sono anche stato infettato dal virus del papilloma umano, che si è integrato nel mio DNA e silenziosamente rischia di causarmi varie malattie, tumori inclusi. E’ l’espansione incontrollata del “secondo pilastro” che si propone come soluzione alla mia sopravvivenza. Peccato che non si tratta affatto di un pilastro di sostegno, ma di affondamento: se fosse un farmaco, considerati i numerosi effetti collaterali sui miei “organi e apparati”, qualsiasi agenzia regolatoria ne avrebbe già imposto il ritiro dal mercato.
Ma non è finita qui, perché il referto identifica due fattori ambientali che ostacolano enormemente il mio lavoro e, a parità di fatica, i risultati sono sempre meno brillanti. Il primo è uno scarso spirito di collaborazione familiare tra un papà generoso, ma debole, e 21 figli non tutti in grado di gestire adeguatamente la “paghetta” assegnata. Questo rapporto tra padre e figli è leale solo sulla carta: se lo Stato non è in grado di usare con sano equilibrio bastone e carota, le Regioni hanno trovato 21 modi diversi per organizzare ed erogare l’assistenza sanitaria, legando il diritto alla tutela della salute al CAP di residenza delle persone. Senza contare che da poco è scoppiata l’epidemia del regionalismo differenziato, un virus molto contagioso che rischia di assestare il colpo finale all’universalismo integrato nel mio DNA.
Inoltre, l’ambiente in cui lavoro è viziato da aspettative irrealistiche di cittadini e pazienti che oggi, piuttosto che alla tutela della salute, mirano a soddisfare un compulsivo desiderio di prestazioni sanitarie, anche quelle che non servono o che sono addirittura dannose, salvo poi lamentarsi per i tempi di attesa. Una involuzione consumistica dei miei “azionisti di maggioranza”, favorita da una politica che li ha sempre considerati più come un elettori da compiacere che come persone di cui prendersi cura e da professionisti che, per interessi personali e timori medico-legali, hanno contribuito a medicalizzare la società. In questo terreno già fertile viene continuamente sparso un concime dalla composizione letale: analfabetismo scientifico, facilità di accesso tramite internet a informazioni false o fuorvianti e viralità dei social. Così il mio lavoro, invece che essere guidato dalla scienza, viene ogni giorno condizionato da bufale e fake news, oltre che da sedicenti imbonitori che lucrano sul dolore e sulla sofferenza.
Caro Babbo Natale, le malattie di cui sono affetto e il contesto in cui vivo peggiorano sempre di più il mio stato di salute, ma io non mollo, sia perché ritengo di essere unico e insostituibile, sia soprattutto perché sarebbe una grande ingiustizia sociale lasciare orfane le generazioni future. Considerato che la clinica specializzata ha predisposto un piano terapeutico personalizzato da cui dipende la mia sopravvivenza, quest’anno mi limito ad esprimere un solo desiderio finalizzato all’attuazione di questa terapia salvavita.
Dopo 40 anni di onorato servizio, vorrei finalmente un patto politico in grado di rilanciare il mio valore sociale, perché la salute delle persone viene prima di tutto e la sanità rappresenta una leva fondamentale per lo sviluppo economico del Paese.
Sì lo so, caro Babbo Natale, si tratta proprio di un regalo enorme che non potrebbe mai passare da nessun camino. Ma sai bene che puoi lasciarlo dove vuoi perché io da 40 anni sono sempre sveglio 24 ore su 24, 7 giorni su 7 per tutelare la salute di 60 milioni di persone.
Ah dimenticavo… per i miei 40 anni nessuno si è preoccupato di lasciare un simbolo, magari un francobollo o una moneta. Per fortuna, la clinica specializzata, oltre che del mio stato di salute, si è occupata anche della mia immagine, regalando a tutti un meraviglioso logo per non dimenticare il mio quarantesimo compleanno, ma soprattutto il mio valore.
Ricordati di lei, quando consegni i regali. Ricordati della Fondazione GIMBE.
*presidente Fondazione GIMBE
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